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IL LATO ETICO DELLA PELLICCIA

IL LATO ETICO DELLA PELLICCIA Il mercato delle pellicce è spesso associato all’idea di non-eticità, a dubbi rispetto alla sostenibilità ambientale e, soprattutto, alla crudeltà e mancanza di rispetto verso gli animali. Uno sguardo oltre le apparenze rivela, al contrario, una realtà parecchio differente.  

II settore riveste un ruolo esemplare nell’industria contemporanea: in un mondo sempre più green e attento al benessere animale, i pellicciai mettono al primo posto le esigenze dei consumatori. Ecco come.
QUAL E’ LA VERA SOSTENIBILITA’
Chi considera crudele e irrispettoso per la vita animale vestire una pelliccia vera, nella maggior parte dei casi farà ricadere la propria scelta sulle pellicce cosiddette “ecologiche”. Queste sono create senza lo sfruttamento di materiali di derivazione animale, con l’ausilio di fibre sintetiche. A un’analisi superficiale, le pellicce “ecologiche” appaiono come l’alternativa perfetta ed ecosostenibile: non implicano l’uccisione di alcun animale, né trattamenti crudeli. Ma è davvero così? I materiali impiegati nella produzione di pellicce sintetiche derivano in gran parte dallo sfruttamento di risorse petrolchimiche. Come ogni altro materiale plastico, l’acrilico – fibra predominante nella fabbricazione di eco-pellicce – impiega secoli per biodegradarsi.
Ogni volta che un capo di eco-pelliccia viene lavato in lavatrice, nell’ambiente sono rilasciate fino a 1900 particelle plastiche inquinanti che finiscono nel sistema idrico e poi nelle correnti fluviali e marine, danneggiando gravemente l’ecosistema.
Il numero di specie animali che soffrono dell’inquinamento plastico continua ad aumentare di anno in anno, causando direttamente o indirettamente la morte di un grandissimo numero di esemplari. Dal punto di vista delle risorse energetiche impiegate nella fabbricazione, è comunque la vera pelliccia a risultare più ecologica. Spesso, per la realizzazione di una finta pelliccia occorre una quantità di energia fino a tre volte maggiore rispetto a quella richiesta per un capo naturale. Non dimentichiamo che le pellicce vere sono materiale organico, rinnovabile, che viene lavorato per essere reso più durevole, ma che col passare degli anni è destinato a deteriorarsi e degradarsi per tornare alla terra. Con i vecchi accessori che timi utilizziamo più. oppure scartiamo, è addirittura possibile fare del compostaggio in giardino!
SOSTEGNO ALLE COMUNITA’ LOCALI
La realizzazione di pellicce animali, inoltre, risulta fondamentale alla sussistenza eli molte comunità che vivono in territori remoti e basano la propria sopravvivenza sulla caccia. Si tratta principalmente delle popolazioni che vivono nell’estremo nord e seguono l’antica pratica di vivere con le risorse che la natura mette a disposizione. Quello che verrebbe scartato dai cacciatori perché inutilizzabile, viene venduto all’industria della pelliccia come pregiata materia prima. Vivendo grazie allo sfruttamento diretto del proprio ambiente, questi individui hanno un interesse diretto e immediato a proteggerlo e conservarlo sono i primi a lanciare allarmi quando la fauna e l’ecosistema sono minacciati dall’inquinamento o dall’eccessivo sfruttamento. Negli ultimi anni, inoltre, sono i cacciatori stessi ad essere proprietari delle maggiori case d’asta per le pellicce. Questo garantisce alla categoria un’equa retribuzione per la materia pregiata che fornisce: in più gran parte del valore deriva proporzionalmente dall’intrinseca scarsità di pelliccia disponibile ogni anno: è l’economia stessa a rendere il sistema ecosostenibili.
LO SPUNTO DEL DIBATTITO POLITICO
La discussione politica che ruota intorno al benessere animale si fa più accesa e approfondita di anno in anno. Risale al Marzo 2016 il rapporto dell’Eurobarometro che rivela che il 94% dei cittadini europei ritiene importante la protezione del benessere degli animali da allevamento; l’80% è inoltre convinto che i settori commerciali che sfruttano gli animali debbano essere regolati da apposite norme a livello europeo. Il messaggio è chiaro: la protezione del benessere animale è un argomento di grande rilevanza nell’agenda politica e a renderlo tale sono le preoccupazioni dei cittadini stessi. A spiegarlo in una recente intervista è Denis Simoilin, capo dell’unità del benessere Animale all’interno della Commissione Europea. Il concetto di benessere animale si forma alla fine del XIX secolo e progetto WelFur. L’esigenza è quella di essere proattivi, di anticipare i possibili quadri legislativi attraverso mezzi di qualificazione ad hoc. WelFur è un iniziativa che valuta secondo un rigoroso metodo scientifico il benessere animale: la certificazione è il mezzo perfetto per mettere l’acquirente nella condizione di compiere una scelta informata. A parlare è la massima autorità a livello europeo: la pellicceria è capofila ed esempio per tutti i settori industriali e ha ben compreso che, per continuare ad esistere e operare con successo, deve andare incontro alle aspettative della società in cui opera.
IL CLIENTE HA SEMPRE RAGIONE
L’ultima parola va all’utente finale, naturalmente. I millennials rappresentano la generazione del futuro, i prossimi acquirenti è un possibile, nuovo bacino di utenza. E noto l’interesse dei giovani riguardo alle questioni ambientali, quanto il desiderio di creare un mondo migliore sostenibile. È una direzione di pensiero che si afferma in modo concreto e reale: il già citato sondaggio dell’euro barometro 2016 afferma che il 59% dei consumatori è pronto a investire cifre maggiori per i prodotti che derivano da un’industria che protegge il benessere animale. Un’occasione d’oro per reindirizzare le politiche aziendali, vincente perché va incontro alle esigenze dei consumatori, disposti a pagare di più per garanzie di eticità e il rispetto della vita animale. E più che verosimile uno se necessario in cui questo tipo di attenzioni da parte dei produttori finisce per incrementare ed allargare le fasce  di acquirenti: l’industria della pellicceria è oggi il giorno pregna di un’etica trasparente e ben definita, in cui gli interessi economici ed ambientali coincidono è concorrono alla creazione di un mondo più sostenibile, dove Sia gli animali che l’economia prospera no perché il benestare degli uni coincide con quello dell’altra.
Giù le mani dagli animali protetti
Una preoccupazione comune è quella dello sfruttamento di specie in via d’estinzione. Si tratta di una pratica severamente proibito il commercio internazionale è regolato in materia da accordi continuamente riaggiornati, il primo dei quali risale al 1973 le parole d’ordine nel mercato della pellicceria sono legalità traccia abilità e controllo degli scambi e solamente che vi si adegua riesce a rimanere forte e competitivo.
CON WELFUR VINCONO TUTTI
Nasce da queste premesse il citato progetto WelFur, avviato nel 2009 dalla European Fur Breeder’s Association (Associazione Europea degli Allevatori di Pellicce) e basato sul progetto Welfare Quality della Commissione EU. Si tratta di un programma di certificazione del benessere animale all’interno degli allevamenti che incorpora diversi sistemi di misurazione in un sistema unico e onnicomprensivo, completo e all’avanguardia. La verifica avviene da parte di soggetti super partes attraverso tre controlli che hanno luogo in tre diversi periodi dell’anno: il tempo dell’allattamento, della crescita e in inverno. Dopo il primo check approfondito, le verifiche avranno luogo una volta all’anno per il mantenimento dello status richiesto dalla certificazione. Bente Krogh Hansen è una delle certificatrici più appassionate e qualificate del progetto WelFur, e spiega come gli allevamenti non abbiano nulla da temere nel sottoporsi al controllo, ma solo da guadagnare. “Si tratta solo di buone capacità di conduzione. Se l’allevatore è concentrato sugli animali e si prende cura di loro, non avrà alcun problema ad avere la certifica.” Agli allevamenti viene rilasciato un documento approfondito e completo che si dimora strumento eccellente per fare il punto sui possibili miglioramenti da introdurre all’interno dell’azienda per incentivai, il benessere animale, ottenendo un punteggio ancora maggiore in occasione del rinnovo dell’esame WelFur. I benefici nell’aderire all’iniziativa sono molteplici: a partire dal 2020 le case d’asta europee avranno il permesso di commerciare unicamente pelli e pellicce certificate e questo, lungi dall’essere una pesante imposizione, funziona come strumento di promozione verso il pubblico e di analisi per gli specialisti del settore. Un circolo virtuoso i cui diretti beneficiari sono gli animali, seguiti dagli operatori del settore in immediata successione. Un’industria come quella delle pellicce, sottoposta a facili critiche dall’opinione pubblica, trova in WelFur uno strumento efficace e cristallino di difesa. “WelFur osserva e produce fatti, non emozioni. Se qualcuno comincia a mettere in dubbio gli standard aziendali, la certificazione risulta un documento scientificamente valido per attestare la qualità del lavoro nell’allevamento. Il contrattacco viene minato alla base: è difficile controbattere alla scienza, che ricerca l’obiettività per definizione”, puntualizza la Hansen. L’accuratezza e l’attualità dei metodi è supportata dall’immenso sviluppo scientifico degli ultimi 40 anni nel campo del benessere animale. “Le condizioni di vita negli allevamenti non sono solo un problema etico, ma un importante campo di ricerca”, ricorda Denis Simonin. WelFur è già la scelta della quasi totalità degli allevamenti in Italia; NAFA, KF e Saga venderanno solamente pelli certificate a partire da Dicembre 2019 si sviluppa parallelamente a industrializzazione e urbanizzazione. Sono questi i processi che allontanano gli animali dal loro ruolo storicamente centrale nella vita quotidiana, sostituendoli con le macchine. Sono inoltre gli stessi meccanismi prima citati a cambiare il modo comune di considerare la vita animale, ora asservita a risorsa commerciale da sfruttare. Viceversa, gli animali da compagnia vengono progressivamente umanizzati: questo influisce in larga misura sulla percezione del benessere animale come argomento di primaria importanza.” Il consumatore finale considera ormai vari fattori durante l’acquisto. non da ultimo le condizioni in coi vive I animale sfruttato per la produzione. “Il concetto di black box – non chiedere, non guardare, comprare e basta – non funziona più nella nostra società iperconnessa, e molti produttori cominciano a capirlo. La velocità di reazione alle polemiche è generalmente lenta, ma l’esperienza ha dimostrato che l’apertura e la trasparenza sono strategie vincenti. Il settore pellicceria, affetto storicamente da critiche da parte degli animalisti, è stato il primo ad adattarsi e rinnovarsi alle nuove esigenze etiche e ha sviluppato una strategia adeguata. ll modo migliore di combattere l’ignoranza è farlo attraverso la conoscenza qualificata: la categoria dei pellicciai ha centrato la questione con l’auto-promosso e dal 2020 i negozi saranno dominati dall’etichetta WelFur senza eccezione. Il settore pellicce non si ferma: Fur Europe ha avviato un progetto per valutare l’impatto ambientale del processo produttivo della pellicceria i cui risultati non sono ancora disponibili. Ma l’iniziativa in sé dimostra come la questione ambientale continui ad occupare un posto prioritario nell’agenda della federazione, insieme al benessere animale.
Anna Carsughi

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Anna Carsughi

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